Ligyes: Dialoghi tra il mare e la rete
Il progetto che ho pensato per la rassegna Ligyes nasce dall’esplorazione della memoria del Mediterraneo e del suo legame intrinseco con le culture che lo hanno attraversato. La rete metallica, elemento centrale delle mie opere, diventa simbolo di connessione, trappola e filtro: metafora del mare stesso, che collega terre lontane, cattura storie e riflette l’infinito.
Ogni opera rappresenta un frammento del mare e delle sue leggende: le Sirene, figure che si librano tra mito e realtà, emergendo da superfici riflettenti che amplificano il dialogo tra passato e presente. La rete, con la sua trasparenza e fragilità apparente, lascia intravedere oltre l’ovvio, catturando l’immaginazione e invitando lo spettatore a una riflessione sul legame tra uomo, mare e memoria.
Ligyes celebra la bellezza del Mediterraneo e delle sue storie, reinterpretando la sua eredità in chiave contemporanea.
In queste opere la rete diventa il filo conduttore: fragile e resistente, trasparente e contenitiva, simboleggia la connessione invisibile tra passato e presente, tra uomo e mare, tra storia e mito. Ogni opera inviterà lo spettatore a esplorare le proprie profondità, riflettendo il Mediterraneo come luogo di eterna trasformazione e memoria collettiva.

Le Sirene: il richiamo del mare
Le mie opere dedicate alle Sirene si propongono di catturare l’essenza magnetica di queste creature mitologiche, simbolo di bellezza e pericolo. Realizzate in rete metallica, le figure rappresentano visi di giovani donne, incastonati su strutture autoportanti con fondali in acciaio specchiante. Questa scelta non è casuale: il metallo riflettente diventa uno specchio simbolico, invitando lo spettatore a interrogarsi sul proprio rapporto con il fascino e le tentazioni che il mare, e le Sirene, incarnano.
Ogni Sirena, con il suo volto enigmatico, è un frammento del mare e dei suoi misteri. Attraverso le superfici riflettenti, l’opera invita l’osservatore a vedersi nelle Sirene, a confrontarsi con le proprie attrazioni e con il senso di smarrimento che spesso accompagna il desiderio. La rete metallica, fragile ma resistente, evoca il dualismo delle Sirene: creature seducenti ma intrappolanti, capaci di catturare e trasformare chi le incontra.
Per ogni figura, ho scelto un titolo in greco antico, ispirato alle caratteristiche del mare e alla mitologia:
Γαλήνη (Galene) – Serenità: simboleggia la calma e la pace del mare nelle giornate tranquille.
Βάθος (Bathos) – Profondità: richiama l’abisso marino, simbolo dell’ignoto e della complessità interiore.
Μαγεία (Mageia) – Incanto: rappresenta il potere ammaliatore e seducente delle Sirene.
Λιμήν (Limen) – Porto: un rifugio sicuro, contrappunto al pericolo che il mare rappresenta.
Ύμνος (Hymnos) – Inno: il canto ipnotico e misterioso delle Sirene, capace di catturare le anime.
Αέναος (Aenaos) – Eternità: il mare come simbolo di infinito e di perpetua trasformazione.
Questi titoli, e le opere che li incarnano, tracciano un viaggio simbolico attraverso le emozioni che il mare suscita: serenità e turbamento, rifugio e pericolo, bellezza e smarrimento. Le Sirene diventano così figure speculari, metafore non solo del mare, ma anche del nostro inconscio: un luogo di attrazione e di perdita, dove ogni approdo è una nuova scoperta.
bio:
Giorgio Tentolini nasce a Casalmaggiore (Cremona) nel 1978, dove vive e lavora. Ogni sua opera emerge da una precisa indagine sul tempo come memoria e identità, attraverso uno studio attento e una lenta ricostruzione che coinvolge la luce e l’incisione di strati di materiali diversi, come tessuti, carte e PVC. Attualmente, privilegia il tulle e la rete metallica come media principali della sua ricerca, per la levità meditativa che questi materiali conferiscono all’immagine, offrendo una metafora di luoghi, ricordi, sogni e visioni. Il suo lavoro, un incrocio tra pittura e scultura, ha ottenuto riconoscimenti nazionali e internazionali fin dagli inizi degli anni 2000.
Le sue opere sono state esposte in prestigiose sedi in Europa, tra cui Roma, Parigi, Amsterdam, Berlino, Londra e Ginevra, oltre che negli Stati Uniti e a Taiwan, includendo spazi pubblici di grande rilevanza come l’Istituto della Cultura Italiana di Atene, il Museo Etrusco di Roma, il Palazzo Reale di Milano, il Teatro Regio di Parma, il MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna, il MUSA – Museo di Salò, l’Assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna e il Consiglio della Regione Lombardia nel grattacielo Pirelli a Milano.
Con grande entusiasmo, prende parte alla sessantesima edizione della Biennale di Venezia, ospitato nel padiglione del Camerun presso le prestigiose sale di Palazzo Donà Dalle Rose. Il suo progetto esplora le radici del genere umano, offrendo uno sguardo profondo e riflessivo sulla storia e l’identità umane.
Galleria Ravagnan
Da oltre cinquant’anni la Galleria Ravagnan è un punto di riferimento per collezionisti e appassionati d’arte. Specializzata in arte moderna e contemporanea, rappresenta artisti di diverse generazioni e nazionalità, svolgendo nelle sue due sedi a Venezia, a San Marco e a Dorsoduro, attività di esposizione e vendita di opere, con un’attenzione particolare sulla pittura e la scultura.
Fondata nel 1967 in Piazza San Marco, la Galleria Ravagnan ha svolto un ruolo cruciale nella promozione dell’arte moderna e contemporanea a Venezia. Diretta per cinquant’anni da Luciano Ravagnan, la galleria è ora guidata dai figli Chiara e Carlo Ravagnan, che continuano con passione e impegno il lavoro intrapreso dal padre. La sede storica della galleria, sotto le arcate delle Procuratie Nuove, a pochi passi dal Campanile di San Marco, è in un contesto unico ed è tra gli spazi più prestigiosi di Venezia.
Nel corso della sua lunga attività, la Galleria Ravagnan ha organizzato oltre quattrocento mostre e presentato opere di artisti di fama internazionale. Tra i protagonisti delle nostre esposizioni ci sono nomi di grande rilievo come Renato Guttuso (1969), Lucio Fontana (1970), Hans Hartung (1972), Victor Vasarely (1972), Karel Appel (1973), Achille Perilli (1974), Fabrizio Plessi (1977), Fulvio Roiter (1994), Mimmo Rotella (2009), Bruno Catalano (2017), Andrea Roggi (2022), solo per citarne alcuni.
Parallelamente, Luciano Ravagnan ha promosso numerose esposizioni hors les murs, in collaborazione con diverse istituzioni veneziane. Tra queste Palazzo delle Prigioni dove ha allestito mostre di grande interesse, come quelle dedicate a Andy Warhol (1977), Joan Miró (1985), Giorgio De Chirico (1987), Salvador Dalì (2005). Ha inoltre collaborato con Palazzo Grassi per la personale di Ludovico De Luigi (1978) e con il Museo di Sant’Apollonia per un’importante retrospettiva su Fortunato Depero (1992).
L’attività della Galleria Ravagnan si è estesa anche a livello internazionale, grazie a collaborazioni con prestigiose istituzioni pubbliche e private, tra cui la Fondazione Mirò, la Columbia University, il Guggenheim, l’ONU, la Farnesina, il Palazzo dei Diamanti di Ferrara e il Palazzo delle Esposizioni di Roma.
Negli ultimi anni la Galleria Ravagnan ha curato diversi progetti di arte pubblica in collaborazione con le amministrazioni di importanti città italiane. Tra queste, oltre a Venezia, Viareggio, Lucca, Amalfi, Genova e Alassio.
Nel 2019 ha inaugurato una seconda sede a Venezia, nel cuore del Dorsoduro Museum Mile, di fronte alla Peggy Guggenheim Collection, consolidando così il proprio ruolo nel panorama artistico veneziano e internazionale.